STORIE DI PORTIERI
🇿🇼 Bruce Grobbelaar
'The Clown Prince'
Da giocatore di cricket e soldato, a portiere di grande affidabilità con il Liverpool: Grobbelaar, il primo africano a vincere la Coppa dei Campioni.
Bruce David Grobbelaar (Durban, 6 ottobre 1957) è un allenatore di calcio ed ex calciatore zimbabwese, nel ruolo di portiere.
Biografia
Nato a Durban, in Sudafrica, da genitori afrikaner, dopo due mesi di vita si è trasferito nello Zimbabwe (allora Rhodesia). Nonostante il divorzio dei genitori quando lui aveva dieci anni, ha avuto (a suo dire) una bellissima infanzia. Nel 1983 si è sposato con Debbie (tre mesi dopo averla conosciuta), da cui ha divorziato nel 2008. Da lei ha avuto due figlie di nome Tahli (1985) e Olivia (1989).
LE TRE PARTITE DI BRUCE
UNA CHAMPIONS
DUE STRAGI
HEYSEL & HILLSBOROUGH
CARATTERISTICHE
Estroso ma efficace, istrionico ma al contempo anche, a modo suo, un leader. Bruce Grobbelaar, con le sue caratteristiche peculiari da portiere, ha scritto pagine importanti nella storia del calcio.
Dall'infanzia in Africa, fra Rhodesia e Zimbabwe, che lo vede fare il soldatoe praticare diversi sport, fra cui il cricket e il rugby, la sua volontà di diventare un estremo difensore nel calcio lo conduce addirittura nella NASL nordamericana con Vancouver, dove inizia, di fatto, la sua avventura professionistica.
Trasferitosi in prestito in Inghilterra, è notato dai dirigenti del Liverpool, che riescono a tesserarlo e a portarlo nell'allora First Division. Qui, in 12 anni e mezzo di militanza, diventa il primo giocatore africano a vincere la Coppa dei Campioni, nonché l'unico dello Zimbabwe, e un'icona della squadra che conquista anche 6 campionati inglesi, 3 F.A. Cup, 3 League Cup e 5 Charity Shield.
I tifosi lo ribattezzano 'The clown prince', 'Il principe pagliaccio', per le smorfie da attore consumato e gli sberleffi che riserva a compagni di squadra e avversari. Passato al Southampton, è accusato insieme ad altri calciatori di "associazione a delinquere finalizzata alla corruzione"per una vicenda di scommesse e combine, ma viene assolto. Tuttavia decide di querelare il Sun, da cui era partita l'accusa, e in ultimo grado, la Commissione di Giustizia della Camera dei Lord condanna il portiere ad un oneroso risarcimento al tabloid.
Non disponendo di una simile cifra (500 mila sterline), il Tribunale dichiara Grobbelaar 'fallito economicamente'. Rescisso il contratto con i Saints, colui che era stato un simbolo del Liverpool gira diverse squadre nelle serie minori inglesi, prima di ritirarsi a 44 anni suonati nel campionato sudafricano, salvo tornare in campo a 50 e a 60 anni. Fino al 1998 gioca anche in Nazionale, prima con la Rhodesia e in seguito rappresentando lo Zimbabwe.
L'INFANZIA, LA GUERRA E L'AMORE PER IL CALCIO
Bruce Grobbelaar nasce a Durban, città sulla costa indiana del Sudafrica,il 6 ottobre 1957. Ma dopo soli due mesi di vita si trasferisce nell'allora colonia britannica della Rhodesia, oggi Zimbabwe, perché suo padre ha trovato lavoro lì come ferroviere.
È un afrikaner, ovvero il figlio di genitori di pelle bianca. Trascorre il suo tempo fra scuola e sport: oltre al calcio, pratica il cricket, il baseball e il rugby. A 10 anni però sua padre e sua madre si separano e Bruce deve crescere in fretta.
"Ho avuto una bellissima infanzia, - assicura nella sua autobiografia 'Life in a Jungle: The autobiography of Bruce Grobbelaar' l'ex portiere - anche se i miei divorziarono. Mia mamma lavorava in un negozio di scarpe che poi riuscì a rilevare. Io e mia sorella avevamo tutto il tempo per fare sport a scuola, a sette anni iniziai a giocare a calcio anche se era uno sport di secondo piano rispetto al rugby. Per continuare, fui costretto a unirmi a una vera squadra di calcio. Sono sempre stato un portiere, vedevo gli altri venti pazzi correre su e giù per il campo: a me bastava rimanere in porta e fare il mio lavoro".
BRUCE SOLDATO
Il giovane Grobbelaar decide così di abbandonare il cricket e da adolescente cerca fortuna nel calcio. Inizia con gli attuali Jomo Cosmos di Johannesburg, ma, unico bianco in una squadra di neri, viene allontanato dopo pochi mesi e gli viene consigliato di cercare gloria altrove. Ci riprova così in Rhodesia, militando con gli Highlanders di Bulawayo e il Durban City, ma anche in questo caso senza grande successo.
Intanto fuori dal campo la situazione nel Paese si era fatto molto problematica: la dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla Gran Bretagna da parte del Primo ministro Ian Smith, con l'istituzionalizzazione di un regime di apartheid nei confronti della popolazione di pelle nera, aveva portato, oltre all'interruzione dei rapporti con la Gran Bretagna, all'insorgere di una cruenta guerra civile contro le fazioni nere ribelli di Robert Mugabe e Joshua Nkomo.
Nel 1974 le cose per la Guardia Nazionale della Rhodesia si mettono male dopo il ritiro del sostegno da parte del Portogallo.
"Mia madre mi convinse ad andare al distretto militare per vedere se avevano bisogno di me, - racconta Grobbelaar nell'autobiografia - dissero che sarei stato chiamato l’anno successivo. Io volevo andare in Sudafrica per giocare, ma il sergente suggerì a mia madre che c’era un battaglione in partenza la mattina dopo. Mi prese per un braccio e mi consegnò ai soldati".
Grobbelaar è spedito con il suo battaglione a controllare il confine con il Mozambico. I sogni del giovane Bruce rischiano di svanire nel nulla, tanto più che dalla fine del 1975 inizia il conflitto armato.
"Eravamo abituati a scambiare sigarette e cioccolato con i nostri colleghi. Poi, nel giorno di Natale del 1975, iniziarono a sparare. - ricorderà nel suo libro -Durante la guerra impari a prenderti cura di te stesso. Entri nell’esercito pensando di stare al fronte per un anno, poi diventano diciotto mesi, poi due anni. Ho visto morire alcuni miei compagni, altri sono usciti mutilati dal conflitto. È lì che realizzi quanto sia preziosa la vita, sopravvivere diventa un dono. Per questo motivo, quando sono riuscito a diventare un calciatore, scendevo in campo con il sorriso: venivo pagato per giocare. Ripenso spesso al mio periodo nell’esercito, a tutte quelle vite strappate da una guerra di una stupidità assoluta, che poteva essere evitata con un semplice tavolo di negoziazione".
Non mancheranno in quegli anni, anche per Grobbelaar, i momenti di alta tensione.
"A diciotto anni ho dovuto uccidere il mio primo nemico. - rivelerà il portiere - Quando ero in guerra dicevo ai miei compagni che un giorno avrei giocato in Europa e loro mi rispondevano: 'Sì, sogna pure, magari stasera una granata ti stacca la testa...' [...] Come puoi dimenticare di aver visto buona parte dei tuoi migliori amici morire in guerra? Come puoi perdonare te stesso per aver ucciso un altro essere umano? Ho ancora incubi notturni per questo fatto. Tutto ciò che mi è successo nella vita è insignificante se paragonato ai miei anni nell’esercito".
Mentre la guerra civile in Rodhesia si sarebbe conclusa con gli accordi di Lancaster, che stabilivano la concessione del suffraggio universale nel 1979 e sancivano la fine del dominio dei bianchi e l'inizio di quello della maggioranza nera, nonché il passaggio della Rhodesia, dopo un breve periodo di ritorno sotto il governo britannico, alla neonata Repubblica dello Zimbabwe,Grobbelaar non aveva rinunciato al suo sogno di diventare un calciatore, anzi pensare ad un futuro nel calcio era per lui una forma di evasione mentale, e, proprio nel 1979, gli arriva una proposta inattesa.
DALLA NASL CON IL VANCOUVER AL LIVERPOOL
Dopo il congedo, infatti, si mette in mostra in un provino e riceve un'offerta dai canadesi dei Vancouver Whitecaps. In Canada è allenato dall'ex portiere del Blackpool e dell'Inghilterra Tony Waiters e fa da riserva dell'ex portiere del Wolverhampton Phil Parkes.
La NASL è un campionato in cui giocano grandi stelle a fine carriera, e così accade che il debutto di Grobbelaar nella NASL, la North American Soccer League, avvenga contro un grandissimo: è il 4 agosto 1979 e Vancouver sfida in trasferta in California i Los Angeles Aztecs di Johan Cruijff.
I losangelini si impongono 2-0, e una delle due reti è realizzata dal campione olandese. Dopo il battesimo di fuoco, torna a fare la riserva nel campionato che vede i canadesi aggiudicarsi il titolo NASL (2-1 nel Soccer Bowl Tampa Bay Rowdies).
Dopo la fine della NASL a settembre, va in Inghilterra per trovare degli amici, e riceve una telefonata di Ron Atkinson, che gli offre un provino improvvisato con il WBA. Il manager era convinto di metterlo sotto contratto e vedeva in lui un grande talento, tuttavia alcune problematiche burocratiche legate al permesso di lavoro fecero saltare tutto.
Il 18 dicembre 1979, però, il Crewe Alexandra lo richiede in prestito e, finalmente, per Grobbelaar si aprono le porte del calcio inglese per la stagione 1979/80. 'The Railwaymen' giocano in Quarta Divisione, e quando l'estremo difensore dello Zimbabwe ci arriva navigano in ultima posizione. Ma, anche grazie alle prestazioni del portiere africano, i biancorossi risalgono al terzultimo posto e grazie al riordino dei campionati evitano la retrocessione. Grobbelaar gioca in tutto quell'anno 24 gare ad alto livello. Spesso, prima del fischio d'inizio, si intrattiene a parlare con i tifosi, mentre sul campo non disdegna qualche dribbling ai danni degli avversari. Nell'ultimo match della stagione, poi, compie il capolavoro: va in goal nel 2-0 contro lo York City segnando su rigore una delle due reti nonché l'unica realizzata in carriera per uno che di mestiere deve evitarle.
"Bruce è il miglior portiere che abbia mai visto", dichiara il manager del Crewe Alexandra Tony Waddington al 'Sunday Express' nel marzo del 1980.
Il caso vuole che a vedere Crewe-York ci sia anche lo scout del Liverpool, Tony Saunders, che resta favorevolmente impressionato dalla prestazione di quel portiere arrivato dallo Zimbabwe e si annota il suo nome su un taccuino. Al termine del campionato con i 'Railwaymen', Grobbelaar fa ritorno a Vancouver nella NASL.
Stavolta gioca da titolare la NASL 1980, e si rende protagonista anche fuori dal campo con le sue trovate eccentriche. Una volta, atterrando con l'aereo, si presenta all'aeroporto di Vancouver con un vistoso gesso al braccio. Tutti credono sia gravemente infortunato, invece il giorno seguente è regolamente in campo per una gara importante.
Intanto il Liverpool si fa avanti e contatta Tony Waiters, il quale aveva costruito un rapporto di lavoro con i Reds negli anni Settanta, e dà il suo assenso al trasferimento. Grobbelaar corona il suo sogno e nel marzo 1981 per 250 mila sterline, poco meno di 300 mila euro attuali, diventa un portiere del club del Merseyside.
LIVERPOOL
Nel Liverpool Grobbelaar è inizialmente la riserva del portiere dell'Inghilterra Ray Clemence.
"Il mio piano per Bruce - svelerà in seguito il manager dei Reds, Bob Paisley - era quello di farlo lavorare per alcuni anni come riserva di Clemence, che stava per compiere 33 anni. Ma Bruce disse a Ray che avrebbe preso il suo posto da titolare prima del termine della stagione. 'Mister, ma chi pensa di essere questo tizio?', mi disse Ray".
La presenza di un portiere ambizioso come Grobbelaar diventa molto scomoda per Clemence, che ritrovandosi per la prima volta in ballottaggio per la maglia da titolare, nell'estate del 1981 ottiene la cessione al Tottenham. Bruce è ora il titolare di una delle grandi squadre di Inghilterra.
Fin dal precampionato si fa notare da un lato per le grandi prestazioni,dall'altro per i comportamenti sopra le righe. Una sera a Dublino manda in estasi i tifosi avversari eseguendo alcune verticali e Paisley decide di richiamarlo, invitandolo a tenere simili esibizioni per le gare celebrative, perché potevano incidere in negativo sulla concentrazione dei compagni.
Il debutto ufficiale arriva il 28 agosto 1981 al Molineux, e nonostante una buona prova, è il Wolverhampton a vincere 1-0. Per il primo 'clean sheet' bisogna aspettare il 5 settembre. Grobbelaar dà spettacolo ad Highbury con grandi parate e l'Arsenal esce sconfitto 2-0 dai Reds. Ma i primi mesi al Liverpool, per il portiere dello Zimbabwe, non saranno affatto una passeggiata.
Alcuni errori gli costano le critiche feroci dei tifosi, che non esistano a definirlo "pagliaccio" e a tirargli monetine dagli spalti. Ma lui riesce spesso a zittire i suoi detrattori.
"Che bello, ne faccio collezione. - dice a quelli che lanciano monete contro di lui - Raccolgo sei sterline ogni anno".
Baffettini, ampia stempiatura e sorriso a metà fra il sarcastico e il divertito, presto i tifosi devono abituarsi alla figura di Grobbelaar, che ha nell'agilità da felino e nella sua incrollabile sicurezza psicologica i propri punti di forza. Nemmeno gli errori riescono a intaccarla.
A dicembre 1981 i Reds perdono la finale di Coppa Intercontinentale con il Flamengo di Zico e soccombono 3-1 ad Anfield contro il Manchester City nel Boxing Day. La squadra scivola al 12° posto ma presto, grazie al lavoro di Paisley, inizia la risalita. Anche Grobbelaar fa il suo, nonostante gli errori non manchino. In Coppa dei Campioni un errore del portiere nei quarti di finale consente al CSKA Sofia di portare la partita ai supplementari e imporsi 2-0.
Nel Derby del Merseyside contro l'Everton, i Toffees vanno in vantaggio 1-0 e tre tifosi entrano in campo a sbeffeggiare il portiere del Liverpool: "Bruce il pagliaccio",recita il cartello. Ma non fanno altro che scatenare il suo orgoglio e, come lui stesso dirà, "mi spronarono a disputare una delle mie migliori partite in un derby". Alla fine è l'estremo difensore ad avere l'ultima risata, in virtù di un successo finale per 3-1 dei Reds.
Grazie ad un super girone di ritorno, il Liverpool di Paisley, dopo aver vinto battendo 3-1 in finale il Tottenham dell'ex Clemence, vince a marzo la League Cup e, con una super rimonta ai danni dell'Ispwich Town (16 gare senza sconfitte), lo Scudetto nel primo torneo che assegna 3 punti a vittoria. Al double nel 1981/82 seguirà un treble l'anno seguente: i Reds conquistano il Charity Shield (con un nuovo successo per 1-0 sugli Spurs) e nuovamente League Cup (2-1 in finale su Manchester United) e Scudetto (82 punti contro i 71 del Watford).
Le prestazioni di Grobbelaar sono generalmente buone, anche se non mancano, ancora, alcune indecisioni.
"L'anno scorso dovevo spesso rimproverarlo - dirà il tecnico Paisley - Quest'anno gioca bene".
L'ingenuità più significativa l'estremo difensore zimbabwese la commette nuovamente nei quarti di Coppa dei Campioni: all'andata i polacchi del Widzew Lodz vincono 2-0 in casa grazie anche ad un cross battezzato male che termina alle sue spalle, si impongono complessivamente per 4-3 sugli inglesi.
🏟️ STADIO OLIMPICO ROMA
EROE DELLA COPPA DEI CAMPIONI 1983/84
Ma la stagione più bella per i Reds e per Grobbelaar è senza dubbio il 1983/84. Il Liverpool, che passa sotto la guida di Joe Fagan in seguito alle dimissioni di Paisley, colleziona infatti un treble di caratura ancora più prestigiosa rispetto all'anno prima: vince per la quarta volta consecutiva la Coppa di Lega (0-0 e 1-0 nel replay della finale sull'Everton) e lo Scudetto(80 punti contro i 77 del Southampton), ma soprattutto a tre anni di distanza dall'ultima volta conquista la Coppa dei Campioni.
In Europa Grobbelaar e i Reds sono grandi protagonisti assieme alla Roma di Nils Liedholm e del brasiliano Paulo Roberto Falcão. I giallorossi ottengono l'accesso alla finale del 30 maggio ribaltando con un travolgente 3-0 all'Olimpico nella gara di ritorno il k.o. per 2-0 rimediato in Scozia dal Dundee United.
Più complicato è il compito degli inglesi, che si trovano di fronte l'ostica Dinamo Bucarest. All'andata, ad Anfield, volano colpi proibiti, con i rumeni che non lesinano falli ed entrate dure. Il Liverpool passa 1-0 al termine di una vera e propria battaglia.
"Nessuno ci aveva preparati al tipo di partita che hanno giocato ad Anfield in quella semifinale di andata. - dirà il centravanti del Liverpool, Ian Rush - Ci hanno preso a calci dall’inizio alla fine, abbiamo passato quasi tutto il tempo a volare in aria e a cercare di evitare i loro tackle. Mi hanno preso a gomitate, a pugni. Mi hanno sputato talmente tante volte che a fine gara la mia maglia era ricoperta di saliva".
Nella battaglia si distingue lo scozzese Graeme Souness, che, stancatosi dei continui colpi, in un'epoca in cui non esistono il VAR e la prova televisiva, decide di farsi giustizia da sé approfittando di una distrazione dell'arbitro.
"La palla stava uscendo in fallo laterale, - racconterà Kenny Dalglish - tutti guardavano da quella parte e Graeme ha colpito Lica Movila, spaccandogli la mascella. Nessuno lo ha visto, addirittura i suoi compagni credevano stesse simulando".
Grazie anche alle grandi parate di Grobbelaar, il Liverpool tiene botta, si impone 1-0 davanti ai propri tifosi e 2-1 nel match di ritorno in Romania e vola in finale.
30MAGGIO1984 ore 20,15 FINALE Stadio Olimpico, ROMA
La Roma gioca in casa, perché il 30 maggio si gioca all'Olimpico, davanti ad un pubblico di quasi 70 mila spettatori che in larga parte non vede l'ora di festeggiare quello che sarebbe il più grande trofeo vinto nella propria storia. Ma le cose vanno in modo diverso dal preventivato per Di Bartolomei e compagni.
La partita è molto equilibrata: Neal al 14' sorprende la difesa giallorossa e Tancredi, portando in vantaggio i Reds. La tensione è altissima nelle fila della Roma, che deve spendere energie fisiche e mentali preziose per pervenire al pareggio. Lo fa puntualmente al 43', con una spettacolare torsione aerea del suo bomber, Roberto Pruzzo, che manda il pallone all'incrocio, imparabile per Grobbelaar.
Il portiere zimbabwese fa comunque il suo e nel secondo tempo mantiene inviolata la porta inglese. Il risultato non cambia nemmeno nei tempi supplementari, così il vincitore della Coppa dei Campioni 1983/84 si decide ai calci di rigore. La tensione è ormai alle stelle, soprattutto per i giocatori della Roma, in un'atmosfera fantastica. Fra i giocatori delle due squadre è ormai una guerra psicologica.
Nicol sbaglia il primo penalty per il Liverpool, calciando alto, mentre Di Bartolomei trafigge Grobbelaar con una botta forte e centrale: 1-0 per la Roma.
"Il rumore dell'Olimpico era indescrivibile, incredibile. - ricorda il portiere zimbabwese nella sua autobiografia - All’inizio si faceva fatica a capire le parole delle persone che erano al nostro fianco. Nicol non doveva essere il nostro primo rigorista, ma Neal aveva un problema con le scarpe. Ci trovammo sull’1-0 per loro e Fagan venne da me. Mi cinse con un braccio e mi disse: 'Ascolta, nessuno ti incolperà se dovessimo perdere perché non hai parato un calcio di rigore. Ma se dovessimo vincere, tu diventeresti un eroe. Cerca di farli sbagliare'.Neal segnò l'1-1 e toccava a Bruno Conti".
Qui entra in scena, come protagonista assoluto, Grobbelaar. Il portiere del Liverpool si avvicina alla porta ridacchiando, fa le consuete smorfie e mordicchia la rete della porta. Quindi si volta, cercando lo sguardo del numero 7 giallorosso.
"Improvvisai. - racconterà - Mi sentivo le gambe come due spaghetti flosci, anche la rete sembrava uno spaghetto e così la mangiai. I fotografi erano impazziti, io strizzavo l’occhio e scuotevo la testa. Così Bruno Conti sbagliò".
Il campione del Mondo, che pur si volta per cercare di non guardare Grobbelaar nel suo show, fallisce la trasformazione calciando molto alto sopra la traversa. Il gioco psicologico del portiere del Liverpool inizia ad aver successo.
I rigori successivi sono entrambi trasformati da Souness e dal giovane Righetti, con il punteggio che resta sul 2-2 con un errore per parte. Per i Reds tocca a Rush, che trafigge Tancredi. La Roma si aggrappa a Graziani, ma Grobbelaar riprende la sua recita sulla riga di porta con una danza sinistra, che sarà ribattezzata 'Spaghetti leg dance'. Ciccio ha la testa abbassata, e quando la alza è inevitabile osservare le movenze ipnotiche del portiere avversario.
Prova a fare come Di Bartolomei, calciando centrale, ma alza troppo la mira e la palla lambisce la traversa e termina sul fondo. L'errore è decisivo, perché Kennedy trasformerà il quinto tiro del Liverpool e darà la coppa alla squadra di Fagan, gettando nello sconforto tutti i giallorossi.
Grobbelaar, il grande protagonista della serie di rigori, sarà ricordato come 'Il Pagliaccio cattivo' dai tifosi della Roma, mentre diventa l'eroe di quelli dei Reds, che lo eloggono come 'The clown prince', ovvero 'Il Principe pagliaccio'.
"Sono a Roma - pensai prima del rigore di Graziani - il piatto nazionale sono gli spaghetti, allora farò finta di avere degli spaghetti al posto delle gambe. Scelsi di buttarmi a destra e il tiro di Graziani sfiorò la traversa".
Mentre per le vie della capitale italiana, e al Circo Massimo, dove era previsto il concerto di Antonello Venditti, regna l'amarezza, Grobbelaar è riuscito a coronare il sogno che, durante la Guerra civile della Rhodesia, aveva espresso ai suo compagni soldato: arrivare a giocare in Europa e vincere. Ventun'anni dopo Jerzy Dudek, durante i rigori contro il Milan a Istanbul, dirà di aver tratto ispirazione dall'illustre predecessore.
ICONA E LEGGENDA DEI REDS
Il portiere zimbabwese è in quel momento al top della sua carriera, e diventa un'icona e una leggenda del Liverpool. Ma i Reds nel 1984/85, attesi da tanti appuntamenti di prestigio, non riescono a ripetersi. Grobbelaar gioca molto bene nel Charity Shield contro l'Everton, anche se a decidere il match è un suo sfortunato autogoal.
In questo caso Fagan lo difende, non così per i k.o. in campionato con lo Sheffield Wednesday (2-0) e in Coppa di Lega al Terzo turno con il Tottenham (1-0), sulle quali incidono gravi disattenzioni del portiere. La stagione sarà avara di soddisfazioni per i campioni d'Europa: il Liverpool perde Supercoppa europea (contro la Juventus) e Coppa Intercontinentale (0-1 con l'Independiente), mentre in patria, ceduto lo scettro in League Cup, è estromesso in semifinale nell'F.A. Cup e in campionato si piazza 2° e molto staccato dai 'cugini' dell'Everton, trionfatori della First Division.
Resta la Coppa dei Campioni, dove la squadra arriva nuovamente in finale, ma la serata del 29 maggio 1985 a Bruxelles non sarà di quelle da ricordare.....
29 MAGGIO 1985
"Trentadue italiani, quattro belgi, due francesi, un nordirlandese. E seicento feriti. Intorno tutto è finito. Voci, suoni, colori deflagrano e raggiungono il silenzio. Sono le 21.40. L'assurdo è così banale che le squadre entrano in campo" - Anthony Cartwright.
La partita si gioca lo stesso per motivi di ordine pubblico e sul campo sono i bianconeri a prevalere, con un rigore assegnato dall'arbitro e trasformato da Platini.
BRUCE :
"Quattro o cinque di noi si affannarono a dare una mano, - dirà Grobbelaar nella sua autobiografia - passammo dall’interno dei secchi d’acqua e prendemmo degli asciugamani dalle docce. Riuscimmo a fare solo questo, ma ormai sapevamo abbastanza per non voler giocare. Uscimmo per la partita e nella mia area di rigore c’erano tre coltelli a terra, li avevano lanciati dal settore alle spalle. Questo era il clima. Eravamo lì, ma con la testa altrove. Sia noi che loro. Alla Juve è stato rimproverato di non aver restituito la Coppa, ma perché avrebbe dovuto? L’errore fu giocare, ma la Juve fece un goal, e la Coppa è sua".
JUVENTUS - LIVERPOOL
La stagione 1984-85 volge al termine e c'è un attesa sempre più spasmodica per quella che sarà la finale di Coppa dei Campioni, in programma mercoledì 29 maggio 1985.Soprattutto da parte dei tifosi bianconeri, che chiuso al 6° posto il campionato, vinto dal sorprendente Verona di Osvaldo Bagnoli, concentrano sull'Europa le loro energie. La Juventus di Giovanni Trapattoni aveva eliminato in semifinale il Bordeaux, e ora si ritrovava a giocarsi le possibilità di vincere la prima Coppa dei Campioni della sua carriera.
Di fronte il Liverpool di Joe Fagan, campione d'Europa in carica, che vuole bissare il successo dell'anno precedente e in semifinale aveva avuto gioco facile dei greci del Panathinaikos, mentre in campionato si era dovuto arrendere all'Everton, autore di un'inarrestabile cavalcata fino al titolo, conquistato con ben 6 giornate di anticipo.
GLI ANTEFATTI
Ciò che porterà alla strage è un mix di scelte logistiche discutibili e col senno di poi scriteriate, superficialità, cattiva gestione della situazione e assoluta inadeguatezza del servizio d'ordine e dei sistemi di sicurezza dell'impianto. Quest'ultimo, nonostante una prima ristrutturazione avvenuta negli anni Settanta, era fatiscente e privo di vie di fuga adeguate. Il campo e le tribune, in particolare, erano mal tenuti.
I muri che dividevano i vari settori, poi, erano vecchi e fragili, tanto che capitava di frequente che cadessero dei calcinacci. Lo scarico dei servizi igienici colava dalle stesse pareti, rendendo queste ultime ancora meno resistenti.
Nelle settimane che precedono la partita si scatena la caccia al biglietto. L'Heysel può ospitare sulla carta un massimo di 60 mila spettatori, ma le richieste di un tagliando sono molte di più, circa 400 mila. Tanti sono anche i tifosi bianconeri che sognano di vedere la loro squadra del cuore sollevare per la prima volta la Coppa dei Campioni.
Anche la vendita dei biglietti e la disposizione dei tifosi all'interno dello Stadio è gestita male. Ai sostenitori italiani, in netta predominanza, sono garantiti i settori M, N e O, a Sud-Est dell'impianto, mentre agli inglesi le zone X e Y, nella curva opposta. C'è poi un ulteriore settore, il settore Z,adiacente a quello degli ultrà del Liverpool, da cui è separato esclusivamente da due basse reti metalliche, denominate 'chicken wires', ovvero 'reti per polli', assolutamente inadeguate ad evitare il contatto fra le due aree, e anzi, assai pericolose in presenza di scontri.
L'UEFA sceglie di destinare il settore Z ai tifosi neutrali, ovvero a quelli in possesso di biglietto di entrambe le tifoserie che non appartengono a gruppi organizzati. Di fatto ad accapparrarsi la maggior parte dei biglietti saranno i tifosi bianconeri. Nei giorni che precedono la sfida fra Juventus e Liverpool, questa scelta è contestata da entrambe le società, che temono il contatto ravvicinato fra supporters di fede calcistica opposta. Ma gli organizzatori, convinti di poter gestire la situazione attraverso il rispetto delle disposizioni burocratiche, non vogliono sentire ragioni.
SETTORE Z
il resto lo lasciamo ai titoli dei quotidiani dell'epoca......
BRUTTI RICORDI IL PASSATO LA GUERRA
Per il portiere è come un tuffo non piacevole in un passato fatto di guerra e dolore. Dopo quella stagione, in cui aveva anche contribuito a bloccare un invasore di campo, facendolo cadere e consentendo alla polizia di arrestarlo, medita di abbandonare il calcio, poi ci ripensa e continua. Resta al Liverpool fino al 1994, con una breve parentesi di 6 mesi in prestito allo Stoke City nel 1992/93, legando a doppio filo la sua carriera professionistica al club del Merseyside.
È allenato anche da Dalglish e Souness, e, nonostante la lunga squalifica di 6 anni dalle competizioni continentali, al ricco palmarés il portiere aggiunge ancora 3 Scudetti (1985/86, 1987/88 e 1989/90), portando a 6 quelli totali conquistati, 3 Coppe d'Inghilterra(1985/86 con un 3-1 sull'Everton, 1988/89 con un 3-2 ancora sui rivali, e 1991/92 con un 2-0 sul Sunderland) e 3 Charity Shield (1988, 1989, 1990),facendo salire a 5 il computo totale di quelle vinte.
Hillsborough
È stata la tragedia più sanguinosa del calcio inglese, che dopo non sarebbe stato più lo stesso: il 15 aprile 1989 ad Hillsborough morivano 96 tifosi.
15 aprile 1989, quando il Liverpool dovrebbe sfidare il Nottingham Forest in semifinale di Coppa d'Inghilterra ma 96 tifosi dei Reds muoiono schiacciati nel tentativo di raggiungere la Curva Ovest. Grobbelaar è uno dei primi ad accorgersi in campo che qualcosa non sta andando nel verso giusto e a richiamare le autorità perché intervengano.
BRUCE:
"Sono stato all’Heysel e a Sheffield quattro anni più tardi, nel giorno della tragedia di Hillsborough, con 96 tifosi morti. - scriverà il portiere nella sua autobiografia - Ogni uomo dovrebbe tornare nei luoghi dei suoi orrori, fare i conti con i demoni, liberarsene. Sono tornato nei posti in cui ho fatto la guerra, in Mozambico, in Zimbabwe, in Sudafrica, e sono tornato anche all’Heysel. C’è una targa, una data, i nomi delle vittime. Non mi pare abbastanza, il Belgio potrebbe fare qualcosa in più per le famiglie degli italiani".
IN CAMPO invece l'estremo difensore zimbabwese continua ad esibirsi nei suoi show indossando maschere e richiamando anche pesantemente a modo suo i compagni della difesa, come accaduto con Jim Beglin nella finale di FA Cup del 1986. Passa alla storia anche per un famoso goal subito: quello di Michael Thomas, che il 26 maggio 1989 lo trafigge e regala all'Arsenal lo storico Scudettoche sarà celebrato nel film 'Febbre a 90°'. L'avventura al Liverpool si chiude definitivamente nel 1994, dopo ben 610 presenze in gare ufficiali, a causa del rifiuto da parte del club di offrirgli un contratto di lungo termine e dell'arrivo in squadra nel 1992 di David James, destinato a prendere il suo posto da titolare.
SOUTHAMPTON, GUAI GIUDIZIARI E DECLINO
Grobbelaar firma con il Southampton, club nel quale si trasferisce all'età di 36 anni, e successivamente passa al Plymouth Argyle. Ma nel novembre 1994 riceve dal Sun la dura accusa, assieme ad Hans Segers, John Fashanu e all'uomo d'affari malese Heng Suan Lim, di "associazione a delinquere finalizzata alla corruzione". È sospettato di aver truccato delle partite di campionato per vincere delle scommesse, e deve affrontare un lungo processo.
Al termine di quest'ultimo però, dopo essersi difeso sostenendo di aver soltanto raccolto prove contro gli altri imputati, viene assolto, e denuncia il Sun, querelando il tabloid e chiedendo i danni. In primo grado il portiere si vede riconoscere un risarcimento di 85 mila sterline, ma il Sun ricorre in Appello e la sentenza finale sorprende tutti: in favore del portiere viene riconosciuto il risarcimento di un solo euro, mentre lui deve pagare al tabloid spese legali per 500 mila sterline (quasi 590 mila euro).
Ai problemi con la giustizia, si aggiunge per Grobbelaar il declino sportivo. Lo zimbabwese indossa ancora le maglie di Oxford United, Sheffield Wednesday, Oldham, Bury e Lincoln City. Nel 1999 decide di ritirarsi, ma poi ci ripensa e nel 2002 torna nuovamente in campo con i sudafricani dell'Hellenic. Gioca una sola partita contro i Kaizer Chiefs, sufficiente a renderlo il calciatore più anziano ad aver giocato una gara del campionato sudafricano, primato che gli sarebbe stato strappato nel 2013 da Andre Arendse.
Dopo l'esperienza in Sudafrica decide di appendere definitivamente i guanti al chiodo per provare a intraprendere la carriera da allenatore. Tuttavia il 14 aprile 2007 fa un nuovo ritorno in campo con i Glasshoughton Welfare,disputando un'unica gara contro il Maltby Main alla veneranda età di 50 anni.
RHODESIA, ZIMBABWE E MATABELELAND
Nell'epoca che lo ha visto protagonista fra i pali, Bruce Grobbelaar ha militato anche nella Nazionale della Rhodesia e successivamente dello Zimbabwe. L'esordio arriva a 19 anni, in un'amichevole contro il Sudafrica. Successivamente il portiere colleziona in tutto 33 presenze,senza mai poter disputare la fase finale di un importante torneo internazionale.
Nell'epoca che lo ha visto protagonista fra i pali, Bruce Grobbelaar ha militato anche nella Nazionale della Rhodesia e successivamente dello Zimbabwe. L'esordio arriva a 19 anni, in un'amichevole contro il Sudafrica. Successivamente il portiere colleziona in tutto 33 presenze,senza mai poter disputare la fase finale di un importante torneo internazionale.
Gioca, fra le altre, le gare di qualificazione ai Mondiali 1982 e 1986, e partite di qualificazione alla Coppa d'Africa. Dopo alcuni anni di assenza dalla Nazionale, torna a rappresentarla nel 1992, venendo allo scontro per questo con il suo tecnico, Graeme Souness.
Disputa così le qualificazioni a USA '94, sfiorando anche il grande obiettivo sotto la guida del Ct. Reinhard Fabisch. Lascia la Nazionale a 41 anni, nel 1998, dopo esserne stato anche il Ct.-giocatore.
Il 7 giugno 1968, però, all'età di 60 anni, Grobbelaar stupisce ancora e scende in campo per 30 minuti nellaCoppa del Mondo Conifa difendendo la porta del Matabeleland (selezione dello Zimbabwe) nel match contro le Isole Chagos.