AYRTON SENNA 

🇧🇷 MAGIC 🇧🇷

IL MAGO DELLA PIOGGIA 

1 maggio 1988 

Il Gran Premio di San Marino 1988 corrisponde al settimo successo in carriera di Ayrton Senna in Formula 1, sulla pista che sei anni dopo fu teatro della sua tragica scomparsa. Tuttavia, questa vittoria è importante perché si tratta della prima al volante di una monoposto McLaren, la scuderia che consacrerà definitivamente il talento del brasiliano e lo eleverà allo status di vera icona del Circus iridato. Con il team di Dennis, Magic, divenne per tre volte campione del Mondo, la prima proprio nel 1988 alla guida della poderosa MP4/4 Honda turbo, una vettura superba che consentì a lui e al suo blasonato compagno di squadra, Alain Prost, di stracciare letteralmente la concorrenza e di di ridurre la stagione ad un confronto privato tra i due alfieri di casa McLaren.

Il 1988 fu l'anno dei 15 successi su 16 Gran Premi disputati da parte della temibile accoppiata che McLaren che poteva contare su una monoposto completamente nuova rispetto alla concorrenza, la quale invece si basava perlopiù su progetti evoluti rispetto alla stagione precedente. Questo accadeva principalmente perché nel 1989 il regolamento sarebbe cambiato in favore del ritorno in regime di monopolio dei motori aspirati, ma la scuderia inglese diventata nel frattempo partner ufficiale della Honda al posto della Williams, aveva dato fondo alle proprie risorse proponendo una vettura competitiva ai massimi livelli. Il concetto dal quale nacque la MP4/4 era figlio della filosofia progettuale di Gordon Murray, la cui mano si era già intravista attraverso le linee basse e filanti della MP4/3 a motore Tag Porsche del 1987 e precedentemente sulla sfortunata Brabham BT55 del 1986. Con l’arrivo in squadra di Senna e della Honda, la missione della McLaren era chiara: tornare a vincere e per farlo contava su un duo di piloti fortissimo e su una macchina che si dimostrò fin dai primi test, svolti proprio a Imola, un’arma letale. Seppure i turbo fossero soggetti ad una limitazione nelle pressione di sovralimentazione tarata a 2,5 bar per favorire la graduale reintroduzione dei propulsori atmosferici, i top team, Ferrari compresa, decisero di rimanere fedeli a questo tipo di alimentazione e in virtù del lavoro svolto per aggiornare il suo motore la Honda restava sempre leader in questo settore.

Il Gran Premio di Imola era la seconda gara della stagione e in quella di apertura, in Brasile al Jacarepagua, manco a dirlo vinse proprio una McLaren. Ma, contrariamente a quanto si possa pensare il primo successo dell’anno andò a Prost, perché Senna pur partendo dalla pole ebbe un problema tecnico al cambio nel giro di formzione che gli impose di ricorrere al muletto e di schierarsi in ultima posizione prendendo quindi il via dal fondo della griglia. Una volta accesosi il semaforo verde la rimonta del campione paulista fu entusiasmante, ma in seguito Senna venne squalificato perché di fatto il regolamento vietava di utilizzare il muletto in quella situazione. Ayrton, non venne fermato prima dai commissari solo perché la sua cavalcata aveva acceso gli animi dei tifosi brasiliani, accorsi in massa al circuito per vedere dal vivo il proprio idolo. Per capire la trance agonistica che si impadronì quel giorno di Ayrton, basti pensare che nella fretta di scendere dalla vettura danneggiata per salire sull’altra e completare tutte le operazioni che gli permisero di accodarsi allo schieramento, il brasiliano dimenticò di indossare i guanti ignifughi correndo l’intera gara senza la loro protezione. Nel week end del primo maggio 1988, il circo della F1 si era trasferito sul tracciato del Santerno per quella che sarebbe stata la gara doveva confermare l’effettiva gerarchia delle forze in campo. Fin dal venerdì fu evidente che la McLaren era sempre la macchina da battere, mentre la Ferrari alle prese con i problemi di consumo del suo motore dovette ridurre la pressione di sovralimentazione del turbo sulle monoposto pilotate da Alboreto e Berger.

Domenica 1 maggio 1988 il cielo su Imola era nuvoloso, ma dopo il giro di ricognizione la Rossa numero 27 di Alboreto fu vittima di un surriscaldamento che costrinse il bravo pilota milanese ad avviarsi in coda allo schieramento. Al via Senna scattò bene dalla sua casella e conservò il comando delle operazioni, mentre Prost non fece altrettanto avviandosi a rilento e per poco non fece spegnere il motore Honda della sua McLaren. Il transalpino scivolò indietro risucchiato dalle altre vetture e si attestò in sesta posizione. All’imbocco della velocissima curva del Tamburello la MP4/4 numero 12 dell’asso brasiliano precedeva nell’ordine, il connazionale Piquet, i due italiani Nannini e Patrese, Berger e Prost. Già durante la prima tornata si assistette ad acluni colpi di scena che sfortunatamente videro protagonisti i piloti casa nostra a causa del ritiro di Andrea de Cesaris vittima di un guasto ad una sospensione della sua Rial motorizzata Ford. Al terzo giro, Berger attaccò Nannini avendo la meglio sulla verde Benetton del senese, il quale poco dopo venne sopravanzato con grande facilità anche dal rimontante Prost. Nel frattempo si registrò il secondo ritiro di un membro della pattuglia tricolore, Ivan Capelli, rimasto bloccato in pista dal cambio della sua March che aveva ceduto di schianto. Davanti il ritmo di Senna era impressionante, perché il brasiliano iniziò a guadagnare un secondo pieno al giro su Piquet a partire dalla quinta tornata, mentre più indietro la gara era resa spettacolare dal prepotente ritorno di Prost, sbarazzatosi in fretta anche della resistenza offerta da Berger.
Un giro dopo era già negli 
scarichi della Williams Judd di Patrese e grazie all’ennesimo sorpasso si portò in terza posizione all’inseguimento dei due battistrada. Dopo essersi liberato del padovano, Prost iniziò a guadagnare terreno su Piquet e all’ottavo passaggio lo infilò prendendosi la piazza d’onore dietro il compagno di squadra che ormai aveva costruito un discreto vantaggio in suo favore. La battaglia più accesa per le posizioni di vertice era quella per la quarta posizione, con Patrese che resistette ad un tentativo di attacco di Berger alle Acque Minerali e riuscì a così a mantenersi davanti. La difesa dell’italiano costrinse il pilota della Ferrari a rallentare vistosamente e Nannini ne approffittò riprendendosi a sua volta la quinta posizione. Al decimo passaggio, Senna conduceva su Prost con otto secondi di vantaggio e a partire da quel momento la gara delle due McLaren assunse i toni di una cavalcata trionfale, mentre il distacco degli avversari saliva vertiginosamente ad ogni giro. Anche le telecamere sembravano aver perso di vista le McLaren, tanto che si concentrarono sulla lotta tutta tricolore tra Patrese e Nannini ancora intenti a sfidarsi per il quarto posto. I due non si rallentavano e il continuo battagliare li portò ad avvcinarsi a Piquet, il quale dovette spremere il suo V6 Honda per tenerli a distanza di sicurezza. Poco dopo la Ferrari di Berger iniziò ad accusare problemi e l’austriaco venne passato dalla seconda Benetton del belga Thierry Boutsen.  
Con il passare dei giri e il vantaggio dei due battistrada McLaren che continuava ad aumentare, si formò un vero e proprio trenino che restò in lotta per quasi tutta la gara a contendersi la terza posizione. Dietro a Piquet, Nannini, Boutsen e Mansell erano compresi in un fazzoletto, mentre più distanti seguivano Patrese, Berger, Cheever e Alboreto. A metà gara, il vantaggio di Senna su Prost si stabilizzò intorno ai dieci secondi e a nulla valsero i tentativi del francese di riavvicinare il compagno a suon di giri veloci, in quanto alla fine il miglior passaggio di Alain fu di soli 130 millesimi più rapido di quello di Ayrton. Alla tornata numero 35, Piquet braccato dagli inseguitori aveva circa 40 secondi di distacco dalle monoposto biancorosse di Woking e il suo ritardo continuò a salire fino quando non venne doppiato da entrambi i portacolori di Ron Dennis tra il 56° e il 57° giro. Prost cercò di attaccare ancora Senna negli ultimi dieci giri, ma il brasiliano pur vedendo ridursi il proprio margine di sicurezza mantenne con tranquillità la testa della corsa. L’ultimo colpo di scena avvenne sempre grazie alla lotta per il podio, in quanto dopo numerosi duelli che videro come protagonisti, Piquet, Nannini, Berger e Boutsen, l’austriaco della Ferrari riesce a passare con una manovra al limite il senese della Benetton alle Acque Minerali e a rubargli la quinta posizione quando ormai mancavano pochi chilometri all’arrivo. Sotto la bandiera a scacchi, Senna transitò primo dopo 60 giri con un vantaggio di 2.3 secondi su Prost e un giro sulla concorrenza diretta, formata nell’ordine da Piquet, Boutsen, Berger e Nannini che completavano la zona punti.

Per Ayrton questa fu la prima vittoria in carriera a bordo della McLaren Honda   
anche il successo numero uno in una stagione che si sarebbe poi rivelata trionfale per i colori della casa inglese. Una gara condotta in testa dall’inizio alla fine e dopo la quale non vi furono più dubbi sul fatto che il confronto tra Senna e Prost sarebbe stato all’insegna dell’equilibrio, con il paulista che godeva di un indubbio vantaggio sul giro singolo rispetto all’ormai navigato francese. Tuttavia, il trionfo di Imola non consentì a Magic di salire in testa alla graduatoria piloti, poiché il suo compagno forte del doppio bottino di punti ottenuto nei due Gran Premi d’esordio manteneva il comando con sei lunghezze di vanaggio su di lui (15 a 9). Per la cronaca, questo secondo posto permise a Prost di battere anche il record di punti in carriera precedentemente detenuto da Niki Lauda, ormai ritiratosi dalla F1 a fine’85. Nei Costruttori, la McLaren rafforzava il proprio bottino portandosi a 24 punti contro i dieci della Ferrari che seguiva staccata di 14 lunghezze. L’unico problema che avrebbe potuto intralciare la strada della McLaren nel 1988 sarebbe potuto provenire solo da una faida interna, un duello fratricida, che almeno in quella stagione non si innescò grazie al clima apparentemente disteso e di collaborazione che regnava nel team. Questo almeno all’inizio, perché esattamente un anno dopo le cose sarebbero cambiate irrimediabilmente.

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 IMOLA 

ENZO & DINO FERRARI

 

L'arrivo della Formula 1
Nella seconda metà degli anni 1970, direttore sportivo della Ferrari era l'ingegnere torinese Roberto Nosetto. Questi, nel 1979, fu inviato da Enzo Ferrari a Imola: il Drake desiderava fortemente che il circuito intitolato al figlio Dino ospitasse le gare di Formula 1, pertanto incaricò di migliorarne le strutture. Nosetto ridisegnò il corpo box, riprogettò torre di controllo e tribune e fece rifare l'asfalto della pista. Nello stesso anno, con il completamento dell'impianto e l'eliminazione dei tratti utilizzati per la viabilità urbana, il circuito divenne permanente. Il 16 settembre 1979, con il Gran Premio Dino Ferrari, gara non titolata vinta da Niki Lauda su Brabham-Alfa Romeo, iniziò la nuova era della Formula 1 per Imola.

Nosetto fu il direttore della struttura dal 1980 al 1989. Sotto la direzione dell'ingegnere, il 14 settembre 1980, l'autodromo ospitò la sua prima gara di Formula 1 valida per il titolo mondiale, il 51º Gran Premio d'Italia, in quell'occasione "strappato" a Monza e vinto da Nelson Piquet; dall'anno seguente, tornata la tappa italiana del mondiale sul circuito brianzolo, la pista imolese divenne sede del Gran Premio di San Marino. I due Gran Prix si disputarono in momenti diversi della stagione: Imola in primavera, mentre Monza veniva confermata nella tradizionale collocazione settembrina.
Sul versante delle infrastrutture, nel 1985 la vecchia torre della direzione gara, nota come Torre Renaultper ragioni pubblicitarie, venne abbattura e sostituita da un nuovo edificio, a firma dell'architetto Glauco Gresleri e dell'ingegnere Riccardo Morandi: la nuova Torre Marlboro, come divenne colloquialmente nota per via del suo storico sponsor, assurse immediatamente a simbolo dell'autodromo grazie al suo particolare stile, che richiamava le architetture della riviera romagnola di metà Novecento. Tre anni dopo, a seguito della scomparsa di Enzo Ferrari avvenuta il 14 agosto 1988, al nome del figlio Dino venne affiancato quello del Drake nella titolazione dell'impianto.


1 MAGGIO 1994 (A.SENNA)

Nel 1994 proprio Imola è stata teatro di uno dei Gran Premi più drammatici nella storia della Formula 1, con molti gravi incidenti, due dei quali mortali. Venerdì 29 aprile, durante le prove, Rubens Barrichello si schianta alla Variante Bassa, ma nonostante il grave incidente riporta solo la rottura del setto nasale e l'incrinazione di una costola che lo costringono a saltare il resto della gara. Sabato 30, l'ala anteriore della Simtek di Roland Ratzenberger si stacca e l'auto va a schiantarsi alla curva Villeneuve; il pilota muore, e si tratta della prima fatalità in Formula 1 dalla morte di Elio De Angelis nel 1986. Domenica 1º maggio, giorno della gara, allo spegnersi della luce verde la Benetton di JJ Lehtorimane ferma sullo schieramento e viene presa in pieno dalla Lotus di Pedro Lamy: i pezzi, tra cui una ruota, volano in tribuna centrale ferendo alcune persone tra il pubblico. Alla ripartenza passano 2 soli giri (7º giro) quando la Williams di Ayrton Senna esce dritta al Tamburello per la rottura del piantone dello sterzo e va a finire contro il muro: Senna viene trasportato all'ospedale di Bologna dove morirà poche ore dopo. Infine, ai box il panico è seminato da una ruota, staccatasi dalla Minardi di Michele Alboreto, che ferisce quattro meccanici. A ricordo di quei tragici giorni, all'interno del Parco delle Acque Minerali, in corrispondenza del vecchio Tamburello, il 26 aprile 1997 è stata collocata una statua bronzea dedicata a Senna, opera dello scultore Stefano Pierotti, divenuta da allora meta di pellegrinaggio per tifosi e appassionati.

 Imola funesta

1994 

Ricordando come ogni anno il weekend del 1° maggio 1994, nel tempo la memoria diventa più flebile e lascia spazio a verità piuttosto romanzate e personali

CURVA DEL TAMBURELLO 

Il 1° maggio del 1994 Ayrton Senna morì, aveva solo 34 anni. Il brasiliano guidava la Williams quando in quel maledetto weekend fu autore di un tremendo incidente alla Curva del Tamburello. Un incidente che nessun appassionato di Formula 1 potrà mai dimenticare. Da quel giorno si sono legati per sempre Ayrton Senna e la Curva del Tamburello.

Senna, il ricordo immortale 

Ognuno di noi, almeno chi è appassionato di motori, difficilmente si è dimenticato di dove si trovava quella terribile domenica di primavera di 29 anni fa nel momento in cui la Williams Renault numero 2 di Ayrton Senna andava a sbattere violentemente contro al muro situato all’esterno della curva del Tamburello. Senna e l’amico di mille scorribande Gerhard Berger già all’epoca della comune convivenza in McLaren fecero più di un sopralluogo per capire se si potesse togliere di là quel muro che, quando si viaggiava a 300 all’ora, era sempre troppo vicino alla pista. Vedi negli anni gli incidenti di Piquet, dello stesso Berger, di Alboreto e Patrese che uscirono ammaccati, ma vivi, da quei tremendi baci contro il cemento.

Il destino beffardo

Eppure, ad innescare la tragedia del 1° maggio 1994 non fu un errore umano, bensì, come sappiamo dagli atti del processo, un concatenarsi di eventi negativi che gli astri hanno allineato con cinica crudeltà. Il piantone spezzato della Williams, fotografato dall’amico di Ayrton Angelo Orsi, e abbandonato di fianco al relitto della FW16, è l’emblema di una Formula 1 che cambiò rotta per sempre. Ma a far spezzare quel piantone aveva contribuito anche il brusco cambiamento regolamentare voluto dal Circus alla fine del 1993 con l’abolizione delle sospensioni attive e un’aerodinamica che rendeva instabili le vetture. Soprattutto a velocità elevate e in punti delicati come il Tamburello, dove la FW16 arrivò a galleggiare sull’asfalto fino a perdere inspiegabilmente la direzione puntando inesorabilmente verso l’esterno. Adrian Newey, allora ingegnere della scuderia capitanata da Sir Frank e padre insieme a Patrick Head della vettura su cui perse la vita Senna, si è detto convinto della responsabilità oggettiva di questo fattore. Un fattore che sorprese anche il tre volte iridato brasiliano alla guida della monoposto impazzita. I periti nominati dalle autorità del nostro paese hanno sancito che il piantone, tagliato e poi saldato alla bene e meglio per fornire una curvatura che consentisse a Senna di riuscire a guidare in una posizione più vicina alla sua abituale, fosse il responsabile unico della tragedia. Soprattutto che la sua rottura avvenne per via di un intervento eseguito non certo a regola d’arte. Eppure il cedimento potrebbe essere stata accelerato proprio dalle eccessive sollecitazioni ricevute.

Senna, a Imola un omaggio speciale

Il campione brasiliano sarà ricordato al circuito del Santerno con una vettura dipinta dall'artista di strada francese Jisbar

PARA SEMPRE 

🇧🇷AYRTON SENNA🇧🇷